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Diario della Corsa: il Walk of Life di Telethon

Sono quasi le 11 del mattino, il sole è già alto e fa molto caldo. Mi sento immerso in un sogno: sono compresso al centro di una massa umana sudaticcia e puzzolente, ci si comprime a vicenda e non è una condizione piacevole, c’è un fastidioso reciproco scambio di sudore, alcuni uomini in divisa simili a carcerieri ci sospingono all’indietro, sembriamo un gruppo di prigionieri deportati nella Guyana francese,  forse attorno a noi c’è la fortezza di Alkatraz o quella di San Quintino, “i carcerieri” ci sospingono ancora all’indietro, da un megafono qualcuno, forse un comandante, invita all’ordine, poi all’improvviso uno sparo mi risveglia, mi richiama alla realtà, una magnifica realtà. Attorno a me nessuna fortezza ma ci sono i magnifici edifici della Piazza dell’Università di Catania, i volontari in divisa del servizio d’ordine si aprono a ventaglio e tutti gli amici che mi circondano corrono in avanti come dei Papillon in fuga. E’ partita la seconda edizione della Walk of Life Telethon di Catania, la corsa per la ricerca!

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Siamo in 530, tutti già accaldati per gli alti valori di temperatura e umidità che abbiamo “assaggiato” durante la fase di riscaldamento. Ci ritroviamo subito sul lungo rettilineo di via Vittorio Emanuele, è il tratto più “pesante” sembra non finire mai; quando la via finalmente termina e svoltiamo a sinistra, ci ritroviamo sul fondo sconnesso della via Rabbordone che avevamo già “assaggiato” nel corso di altre manifestazioni, tutti cerchiamo il centro della strada per la presenza di “un improbabile” striscia di asfalto stretta e consumata che rende però il passo del podista più confortevole, poi la svolta in piazza Gandolfo ci fa imboccare la via Antonino di S. Giuliano e l’ombra ci conforta, girando ancora a sinistra percorriamo un breve tratto di Via Ventimiglia che ci conduce all’imbocco della via Teatro Massimo. Sulla sfondo della strada ci appare maestoso il Teatro Massimo “Vincenzo Bellini”. La pavimentazione qui è perfetta ma ahimé, un podista deve fare i conti con la “dura realtà” del percorso, anzi è una realtà un poco molle, la “stracanina” che ci ha preceduto, ha lasciato qualche traccia in strada sulla quale è finito un concorrente che grida “ho una pestato una m…”, ma il suo compagno di squadra che è al suo fianco lo blocca, l’organizzazione della gara è perfetta, perché screditarla? Diciamo elegantemente “ho compresso una biomassa”.

Già, la “stracanina”,  qualche podista aveva fatto un pensierino per l’iscrizione a questa manifestazione per avere un forte sconto sul chilometraggio e ottenere una facile affermazione di categoria, ma la giuria è stata inflessibile, per ottenere l’iscrizione occorrono quattro zampe e una coda, non basta correre “da cani”, e non se ne è fatto nulla.

Lasciati alle spalle questi pensieri e superato il teatro, ci ritroviamo nuovamente nella via di San Giuliano larga e ombrosa almeno nel lato sinistro, la successiva svolta in via Etnea ci riporta sulla linea d’arrivo, flash e incitamenti di amici e familiari sono immancabili, c’è lo speaker che esalta il passaggio dei concorrenti, tutto in regola.

Il secondo giro comincia a fare desiderare ai podisti l’acqua, il personale della postazione “idrica” della via Vittorio Emanuele, che la distribuisce, fatica a soddisfare tutti, ma gli amici si vedono nel momento del bisogno e io usufruisco della solidarietà di Francesco Militi che mi passa “la sua borraccia”. Più avanti sono superato dall’amico Vincenzo Liberto, và di fretta, è inseguito da sua figlia Silvia, non c’è rivalità ma… nessuno vuol cedere il primato in famiglia. E a proposito di “quadretti familiari“ lungo il percorso vedo molti mariti impegnati nel confortare le proprie compagne, la Daniela Aliquò riceve lo spugnaggio “dall’amoroso” Matteo, la Maria Santoro e la Lorenza Pennisi l’incitamento dei rispettivi coniugi, e così pure i “Caniglia da Scordia”, Giulio con moglie e figlio e Santi anche con i nipoti!

La corsa prosegue e al terzo giro si fa sempre più dura, nelle retrovie si fatica, supero in doppiaggio l’amico Raimondo Lizzio, lento, costante, e soprattutto tranquillo e beato, e gli amici Michelangelo Testa e Corrado Giraffa, in eterna lotta per l’ultima posizione, Michelangelo si impegna ma Corrado nella “specialità” è imbattibile.

Quando inizia il quarto giro vengo a mia volta doppiato dal solito Francesco Bennici, una vera freccia, seguito a 20m da Vito Massimo Catania. Alla postazione “idrica” prelevo una bottiglietta intera, ma al  7° chilometro quel mezzo chilo tra le mani è per me pesante come un macigno, ed è così che preferisco usufruire dell’acqua per un’immediata doccia rigenerante. Alla svolta della via Rabbordone gli avventori del bar all’angolo tranquillamente fumano, sorseggiano un aperitivo, scherzano, quasi deridono i concorrenti al loro passaggio perché credono che i piaceri della vita siano tutti in un drink, ma  secondo me non hanno capito nulla e non sanno cosa si sono persi….

Le successive svolte ci riportano al Teatro Massimo, dove l’aria è pervasa di note musicali,  ma per me le note sono dolenti perché le forze mancano,  ancora una volta siamo al passaggio in via di S. Giuliano e qui anch’io trovo il conforto della mia Rosa che mi dà l’energia per proseguire.

Sono all’ultimo passaggio sotto il gonfiabile, penso che Francesco Bennici e Irene Susino vincitrice fra le femminucce, siano già sotto la doccia mentre io proseguo per l’ultima tornata, il caldo è sempre più caldo, l’acqua è indispensabile e anch’io sono sotto la doccia della mia bottiglietta. Il mio ritmo di corsa decisamente scende, cerco d’agganciarmi a qualche podista che procede al mio sorpasso, è l’ultima carta che posso giocarmi per non crollare definitivamente, poi dopo il teatro, la via di S. Giuliano e ancora una volta l’amico Francesco Militi diventa mio compagno di corsa, ci coalizziamo per un finale in crescendo che ci conduca al sorpasso di qualche concorrente, c’è la definitiva svolta in via Etnea, ci appare, con un notevole senso di sollievo, il gonfiabile, l’amico Francesco è più fresco di me e mi precede, ma la “missione gara” che sembrava impossibile è compiuta!

Grazie a tutti e forza Telethon.

Remigio Di Benedetto

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