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Diario della Corsa: il Campionato regionale di corsa in Montagna nel racconto di Remigio Di Benedetto
…e i podisti si immergono nei boschi dell’Etna…
Domenica 28 Luglio 2013 ore 16, 1735 metri s.l.m., Piano Vetore del Monte ETNA. Non sono molti i podisti che hanno avuto il coraggio di abbandonare la scogliera dei Ciclopi o la spiaggia della Plaja, per arrampicarsi fin quassù. E’ comodo crogiolarsi pigramente al sole dei nostri lidi ed è semplice rinfrescarsi tuffandosi in mare; ma chi ha rinunziato a questi illusori piaceri è stato ampiamente ripagato. Il clima del pomeriggio è perfetto, la temperatura mite, il vento assente e i fortunati turisti che hanno trascorso la giornata in questo splendido contesto non sono pochi e osservano incuriositi l’arrivo di noi podisti.
Ma qualcun’altro ci osserva, il “Gigante Buono”, l’Etna, insolitamente silenzioso. Fumo e vapori fuoriescono dai suoi crateri, quel tanto che basta a soddisfare i quotidiani bollori del vulcano. Un filo di fumo vola alto sopra le nostre teste, ma nessuno ci fa caso. Lo scenario teatro della nostra corsa è fantastico: la zona della partenza è un prato ricco di vegetazione, alle nostre spalle campeggia il monte Vetore con la sua magnifica pineta.
Siamo schierati sulla linea di partenza del Campionato Regionale di Corsa in Montagna, e questa è montagna vera, siamo imbambolati dalla visione dell’ambiente che ci circonda. Tutto è all’insegna della natura e del naturale, non vi sono cronometraggi elettronici, microchip o altre diavolerie tecnologiche, anche un “gonfiabile multicolore” non sarebbe stato intonato all’ambiente circostante. C’è Michelangelo Granata e i suoi colleghi giudici con carta, penna, calamaio e null’altro, si fa la spunta, e poi con “ai vostri posti, via”, si parte.
L’agguerrito manipolo di podisti affronta subito una salitella su un tappeto di lava quasi sabbioso. Il terreno è ricco di cuscini di Spino Santo che con i suoi aculei costituisce una piccola insidia, ma il “piede esperto” dei podisti non ha problemi. Alla prima svolta c’è una magnifica croce in legno di Betulla e un grezzo e stupendo altare in legno di Quercia. Il silenzio del luogo è rotto soltanto dal rumore delle scarpette dei podisti che sotto i loro piedi triturano la lava friabile. L’Etna dalla sua vetta continua a osservarci, siamo un fiume di puntini colorati nell’immensità della montagna, forse facciamo al “Gigante” solo un fastidioso solletico.
Il percorso muta e con esso anche la natura che lo circonda, inizia una discesa, purtroppo è asfaltata. Siamo circondati da arbusti di Ginestre e cuscini di Ginepro. La strada si allarga, la discesa continua e ci immergiamo in un fitto, fresco e magnifico bosco. Il nostro pensiero per un attimo va a chi ha preferito “il fresco” che offre un ombrellone al mare e non sa cosa si è perso. La strada spiana per un unico breve tratto, incrociamo turisti a spasso che affrontano il nostro stesso percorso; lo fanno con meno impegno di noi e sicuramente ne godono la temperatura e la bellezza con più calma e piacere.
A questo punto la strada inizia a salire, giungiamo a un bivio diviso da un altare con la statua di San Giovanni Gualberto, è il protettori dei Forestali, speriamo che per l’occasione abbia un pensiero anche per noi podisti, ma dopo poco quando la salita si fa “muro”, capiamo che forse il Santo ha altri pensieri e poi noi… senza neppure una preghiera… che pretese abbiamo.
La salita ci sembra infinita, le piccole pigne presenti a centinaia sull’asfalto ci infastidiscono non poco, poi finalmente “scolliniamo”, costeggiamo un enorme caseggiato, una fontana di acqua fresca è a disposizione dei concorrenti ma nessuno pensiamo ne approfitti, tutti vanno “di fretta” verso il traguardo.
Abbandoniamo fortunatamente l’asfalto e il tracciato della corsa si immerge ancor più nel bosco. Il saliscendi è continuo il percorso è degno di una gara di motocross, ma noi podisti siamo silenziosi, rispettosi della natura, nulla abbiamo a che vedere con l’inquinante mondo dei motori, e l’unico rumore che produciamo, oltre quello dei nostri passi, è il fiato sempre più ansimante per la fatica.
Il saliscendi termina con il ricongiungimento alla strada asfaltata percorsa all’inizio della gara. La tranquilla discesa dell’andata ora ci appare come una salita impossibile; i chilometri percorsi sono tutti nelle nostre gambe che sentiamo rigide, quasi pietrificate come le lave che lambiscono la strada. Siamo ormai fuori dal bosco che con la sua frescura aveva alleviato la fatica della gara, e il sole pur prossimo al tramonto, ci fa bruciare le spalle, il sudore in mille rivoli scorre sul nostro viso, lo sforzo è massacrante. E’ a questo punto che ritroviamo, quasi come una visione, la croce di betulla, l’altare di quercia e ripensiamo a S. Giovanni Gualberto che questa volta fa il miracolo! A 100m, tutti in discesa, c’è il traguardo, è finita!
Ah! dimenticavo! Roberto La Mattina è il nuovo Campione Regionale di Corsa in Montagna, complimenti a lui, ma questo già lo sapevate.
Remigio Di Benedetto