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Due anni nel ricordo di Pietro Mennea

Sono già trascorsi due anni da quel 21 marzo che troppo presto ha strappato alla Terra Pietro Mennea, l’uomo che l’aveva attraversata come una Freccia. Uno di quei giorni che cambiano tutti gli altri. Come il 12 settembre del 1979 a Città del Messico, quando in 19 secondi e 72 centesimi corre i 200 metri veloce come nessuno aveva mai fatto prima. Nemmeno il suo idolo Tommie Smith che, nel 1968, su quella
stessa pista ai Giochi Olimpici, fermò il cronometro a 19.83. Ma è il 28 luglio del 1980 che a Mosca quel mezzo giro di pista diventa anche per lui un sogno finalmente d’oro. “Recupera, recupera, recupera” racconta in crescendo Paolo Rosi all’Italia incollata alla televisione. “Ha vinto!”. Tutto vero, Mennea alza le braccia al cielo, è campione olimpico. Il record del mondo e la medaglia delle medaglie, traguardi immensi raggiunti con la rabbia, il desiderio di riscatto, la cocciutaggine, la voglia di dire a tutti e a se stesso che da Barletta era venuto il più veloce, il più duraturo nel tempo, il più ostinato. Perchè “la fatica non è mai sprecata. Soffri, ma sogni”.
campione, il più veloce del mondo. Mennea il mito vivissimo che non smetterà mai di essere una luce-guida per generazioni di atleti. La sua storia ha ispirato anche una fiction “Pietro Mennea. La Freccia del Sud”, in onda su Rai 1 il 29 e 30 marzo. Regia di Ricky Tognazzi con Michele Riondino nel ruolo di Mennea e il prof. Carlo Vittori interpretato da Luca Barbareschi. Ieri sera al Salone d’Onore del CONI l’anteprima conclusa tra gli applausi, mentre sullo schermo l’immagine di quel dito indice rivolto verso il cielo lasciava negli occhi un segno di infinito.



