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Il Memorial “Angelo D’Arrigo” nel racconto di Remigio Di Benedetto

L’Etna in un’alternante fase eruttiva fa da cornice alla più bella gara del Grand Prix di Corsa 2019 della provincia di Catania. I colori della montagna, il giallo delle ginestre fiorite, il verde degli abeti del Monte Vetore, si miscelano con i “sempre coloratissimi” podisti che in più di cento, tra uomini e donne, animano il Trofeo dell’Etna. Alle 16 e 30 siamo già tutti “parcheggiati” nella splendida distesa di Piano Vetore. Sopra le nostre teste, oltre i 3000 metri, osservo il fumo e i vapori dell’eruzione in corso, che fanno da cappello alla cima dell’Etna. Il forte vento presente ha sconsigliato gli organizzatori di predisporre il gonfiabile che potrebbe trasformarsi facilmente in un “volabile”. I birilli bianco rossi e il tappetino marca “Mysdam” saranno i  nostri punti di riferimento insieme alla linea di partenza che difficilmente tracciabile sulla sabbia e le pietre laviche, cercheremo di immaginare. E quindi anche “immaginariamente” alle 17 e 30 ci schieriamo sotto il gonfiabile. Abbiamo il sole in fronte, una posizione ideale per le decine di fotografi “di famiglia” che in assenza di “cineasti e fotografi” professionisti, scattano le foto di rito che rivedremo pubblicate sulle “reti sociali” di facebook, instagram ecc.

            Una volta tanto non abbiamo necessità dell’ok dei vigili urbani che normalmente non frequentano i boschi e quindi alle 17 e 38, resettate le apparecchiature Mysdam, lo starter dà il via alla gara. Siamo in 104, e con grande volontà affrontiamo l’unico tratto sterrato del percorso. C’è chi sceglie il passaggio sulle pericolose pietre laviche e chi opta per le pungenti piante di Spinosanto. È il breve tratto iniziale di circa 250 metri; la leggera salita che lo caratterizza mi fa subito avvertire che siamo a 1750 metri, la respirazione è  leggermente affannosa. Ma c’è tutto il tempo per recuperare, infatti svoltando a sinistra dopo poco la strada inizia a scendere. Vedo intorno a me podisti che già corrono “a tutta”, al limite delle loro possibilità, io cerco un’andatura più “comoda”. Affiancato a me c’è Salvatore Torre (ASD Atl. Fortitudo) che mi fa concorrenza nella nostra categoria, mentre in lontananza vedo che la “testa“ del gruppo è naturalmente già molto distante. La discesa si fa sempre più ripida, a tratti l’asfalto è mancante e bisogna fare i “miracoli” per evitare le pietre che rischiano di farci cadere. Ma siamo podisti esperti, da Domenico Lo Faro (ASD Puntese) che guida il gruppo, fino a Salvatore Imperiale (ASD UNVS Fontanarosa) che in fondo alla fila dei podisti corre portando a spasso il cane, tutti siamo concentrati e attenti. Termina la discesa e la strada si immerge nel bosco. Siamo  accaldati dai primi 1500 metri di gara e la sensazione di fresco che ne deriva è gradevolissima. Dopo un breve tratto in pianura arriviamo a un bivio. C’è la statua di San Giovanni Gualberto, protettore dei forestali, speriamo che protegga anche noi, perché appena lo superiamo la strada inizia nuovamente a salire con una pendenza micidiale. Molti affrontano con deciso vigore l’erta che si presenta di fronte a noi, io procedo sempre con molta prudenza e subisco alcuni sorpassi. La salita è tremenda ma breve e la frescura del bosco mi aiuta a sopportare la fatica. Inizia finalmente la discesa; dopo un po’ ripassiamo da San Gualberto e chiudiamo l’anello che ci riporta sul percorso fatto all’andata. Sulla strada del ritorno incontro alcuni podisti ancora in risalita con i quali ci scambiamo un saluto di reciproco “conforto”. Di fronte a me c’è Maria Leotta della “Correndo per Aci”, della quale già da un po’ sto seguendo la scia. Supero il quarto chilometro e siamo in leggera discesa. Termina il bosco e usciamo “a riveder le stelle”, ma c’è il sole che picchia e c’è la “sorpresa” finale. La velocissima discesa dell’andata getta la maschera e mostra il suo vero volto: una salita lunghissima con una pendenza impossibile. Un piccolissimo aiuto lo dà il vento che all’andata era in senso contrario e ora ci sospinge. Guardando la strada che si inerpica verso l’alto, si vede la lunga fila colorata di podisti che arranca, alcuni vanno di passo, mentre Domenico Lo Faro della Puntese di S. Giovanni la punta, il primo tra  i giovani che si sobbarcheranno il secondo giro previsto dal regolamento, è già nuovamente in discesa. Io ho perso il contatto diretto da Maria Leotta che ha “avvistato” Suelen Spitaleri (S.A.L. Catania) in leggera crisi e sta forzando l’andatura per raggiungerla. Dopo poco opera il sorpasso decisivo che le assicura il secondo gradino del podio del Trofeo, mentre più avanti Giovanna Giorgianni, (S.A.L. Catania) ne ha già conquistato il gradino più alto. Io affronto l’ultima curva, dopo la quale finalmente la strada lentamente spiana, c’è un breve passaggio tra l’ombra di alcuni pioppi, dopo il quale non avendo “notizie” dell’amico Salvatore Torre, con tranquillità estrema affronto la discesa che mi riporta “sull’inesistente“ linea di arrivo. Calpesto il magico tappetino Mysdam e ho finito di faticare..

            Il Piano Vetore ci accoglie con un vento sferzante che asciuga velocemente, forse troppo, il nostro sudore, mentre noi tutti accogliamo con un applauso, dopo pochi minuti, l’arrivo del vincitore al maschile del Trofeo, Domenico Lo Faro, più staccati giungono Enrico Pafumi, (ASD Monti Rossi)  “medaglia d’argento” e Giuseppe Pulvirenti, (ASD Virtus Acireale) “bronzo”.

Ed è il vento ancora il protagonista della manifestazione anche al Rifugio Sapienza, dove migriamo dopo un po’ perché  vi è stato allestito un gradevole spuntino e vi si svolge la premiazione degli atleti che hanno impiegato “meno degli altri” per giungere al traguardo. Complimenti comunque a tutti perché su questo difficilissimo percorso di gara la “fatica è veramente faticosa” e giungere al traguardo è già un grande successo.

Grazie a Santi Coppola e a tutta l’Atletica Valverde . Un abbraccio particolare alla famiglia D’Arrigo.

                 

Remigio Di Benedetto

r.dibenedetto@aliceposta.it

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