Brevi...di corsa

Una domenica “particolare”…di Paola Sposito


Per chi corre le domeniche in genere sono il momento delle gare. In estate soprattutto ci sono gare ogni domenica ed a volte anche il sabato. Ieri  mio figlio di dieci anni avrebbe dovuto gareggiare in mountain bike a Carini in provincia di Palermo ma l’idea di arrivare fin laggiù affrontando con le alte temperature 3 ore di viaggio per arrivare a destinazione ed altrettante per tornare a casa ci aveva fatto desistere. Cosa ancor più importante  io e mio figlio non eravamo riusciti a fare l’annuale visita medico sportiva durante la settimana che precedeva la gara ed anche per tale motivo decidemmo di non farlo partecipare alla gara.

L’alternativa era subito pronta: allenamento in fuoristrada per me e giretto in bici per lui ed il papà alla Galvarina. La Galvarina è un bivacco aperto non gestito di pertinenza del Corpo Forestale dello Stato posto a quota 1.900 metri circa sul versante Sud dell’Etna. Ci si arriva percorrendo una pista forestale che parte da un cancello di controllo della Forestale oppure da un pianoro in zona Serra La Nave dove c’è un Osservatorio Astrofisico, una postazione antincendio, un casotto di legno dove in inverno si possono affittare le attrezzature necessarie per lo sci di fondo. Perchè in inverno qui nevica ed anche tanto. Questo percorso è la mia palestra di allenamento in tutte le stagioni dell’anno con il caldo o con la neve:  un anello di  12 km che ha come meta il rifugio Galvarina e se vuoi allungare arrivi fino al secondo bivacco denominato Poggio La Caccia oppure proseguire fino al successivo di Monte Scavo e così passando di casa in casa fai 20 km senza accorgertene. E’ un percorso duro perchè il fondo è sabbioso soprattutto quando la terra è arida, le pendenze ci sono e il caldo è forte dato che la zona è esposta quasi tutta nel deserto lavico a parte qualche tratto sotto i pini o i faggi. D’altro canto siamo sul versante dell’Etna da sempre il più interessato dalle colate laviche più recenti. Mi vanto quindi di conoscere bene il posto!

Arrivati in zona ci dirigiamo al cancello per posteggiare l’auto ma arrivati in cima alla strada vedo che verso il pianoro di Serra La Nave c’è gente vestita con completini colorati, roba per correre insomma! Capisco che si tratta di competizione podistica e visto che siamo sull’Etna sicuramente mi dico sarà una gara di Trail. Mi avvicino incuriosita cercando di capire di quale manifestazione  si tratti ed all’improvviso mi si accende la lampadina! Un mese addietro la mia amica Elvira mi aveva segnalato il “Trail della Galvarina” gara di 18 km sorella minore della gara “Ultra Trail dell’Etna” della lunghezza invece di 60 km entrambe organizzate dalla ASD Ecotrailsicilia. Elvira mi aveva invitato a partecipare ma avevo rifiutato dicendo: No conosco il percorso figurati! Che vado in un posto che conosco bene?!

Sono le 10 e la gara sta per partire quindi, visto che sono lì, perchè non approfittarne magari per fare SOLO un piccolo tratto in gruppo o anche solo per vedere se il sentiero è diverso da quello che di solito faccio io? Ho qualche titubanza ma la curiosità ha la meglio e decido quindi di mettermi  in coda al gruppo. ” Appena posso mi reimmetto sulla pista!” Mi dico.  Giuro che mai avrei pensato di imbucarmi ad una gara, non ero venuta con quello scopo ma sta di fatto che, mio malgrado, mi ritrovai a seguire quel percorso. Seguivo i nastri rossi appesi agli alberi o annodati ai fili d’erba uno per uno, li cercavo, gli davo il cinque, gioivo quando me li trovavo di fronte e stavo in ansia nell’attesa di vedere il successivo. Avevo superato tutti i camminatori e mi ritrovavo sola con i miei amici nastri.  Salivo, scendevo, giravo mi rendevo conto di perlustrare quella zona che mi vantavo di conoscere così bene ma quei nastri rossi ora mi invitavano e mi aiutavano ad addentrarmi nel suo interno. Non sapevo più dove fossi avevo perso i punti di riferimento, io che conosco le salite, le curve, le discese che servono per arrivare al rifugio. Poi passo accanto all’ovile, la pietra cannone mi raccapezzo un pò e così mi ritrovo al nono km. Ormai vai avanti mi dico. Supero un’atleta. E’ contenta di vedermi e decido di fare strada insieme. Rallento tanto ma l’idea di avere compagnia mi piace mi sembra anche di avere trovato il mio alibi per essere lì oggi nonchè un sollievo alla mia paura della solitudine. Però lei non sta bene, sta correndo nella giornata per lei sbagliata, è fuori forma e fuori allenamento. Riprendiamo la pista ma divento sospettosa perchè i 750 metri di dislivello non li abbiamo ancora fatti. E infatti il secondo ristoro segnala l’ingresso di una traccia da me mai notata prima che prelude ad una salita dura, lunga e costante che si inerpica sui fianchi di una collina come una gincana tra gli alberi che per fortuna ci aiutano a tiraci su.  La mia compagna sta male non so come aiutarla ma mi è capitato altre volte di incontrare gente in sofferenza e nonostante mi dica di andarmene per non rovinare il mio allenamento so che la sola mia presenza accanto può aiutarla ad andare avanti. Sopra ci aspetta un panorama incredibile. Camminiamo su una cresta che si affaccia su un conetto avventizio ed il segnale per la 18 km ci catapulta giù per la collina. E’ divertente ed aiuta a riprendere fiato. Scendendo con la mia solita prudenza,  puntando i talloni per non cadere in avanti penso a chi ha organizzato questa giostra oggi. Il loro amore per questo luogo si vede tutto. Si vede la cura con cui hanno segnato il percorso, il lavoro per tracciare una via per terra anche laddove non ci è mai passato nessuno, l’attenzione per i partecipanti (hanno offerto anche a me di fermarmi ai ristori!), la  generosità nel mettere la propria conoscenza del territorio a disposizione degli altri. Conosco personalmente da tempo uno degli organizzatori, si chiama Rosario è un runner  forte ed un tecnico dello sport e mi vengono in mente le nostre chiacchierate sui luoghi che fin da ragazzo ha perlustrato percorrendoli  e capisco quanto intima e profonda sia la sua conoscenza di questi luoghi.

All’arrivo devio per non passare sotto il gonfiabile, non ho la faccia tosta per farlo, lo aggiro ed aspetto l’arrivo della  mia compagna che mi ringrazia commossa perchè senza il mio aiuto non ce l’avrebbe fatta. Sinceramente credo si sia trattato di un mutuo soccorso perché non lo so se avrei affrontato i tratti impegnativi con la stessa baldanza con cui li ho affrontati se oggi fossi stata sola. La fatica, la sofferenza fisica, lo scoramento che ognuno di noi affronta in modo diverso durante una gara alla fine diventano esperienza, solo esperienza. Alla fine quando si taglia il traguardo tutta la parte negativa della gara viene archiviata, cancellata, lavata via dalla gioia del traguardo raggiunto e si va a sistemare nella valigia personale delle nostre esperienze.  Alla fine avete capito che la gara l’ho fatta anch’io, non premeditata, non voluta ma la mia gara l’ho fatta. Cosa ho messo nella valigia? La solidarietà soprattutto, esserci quando c’è bisogno. E’ un dovere, un obbligo. E l’amore. L’amore della mia famiglia che mi accompagna e che mi aspetta all’arrivo qualunque esso sia. L’amore per la natura, per l’Etna così bella e così paurosa che fino al giorno prima aveva dato segni di nervosismo ma che avendo visto fin dall’alba tutti quei suoi figli radunati per Lei si era rabbonita ed oggi nemmeno sbuffava più. E poi l’amore, quello speciale. Sull’ultimo tratto di asfalto prima di girare per l’arrivo scorsi una figura seduta su una pietra. Mi parve strano: non era un atleta, non c’erano familiari in zona e così quando gli fui accanto lo salutai e guardandolo bene riconobbi il Signor Ragonese figura storica di Linguaglossa nonno di Salvatore Ragonese giovane atleta Linguaglossese. “Lei è il Signor Ragonese?” gli chiesi. “Così mi dicono!” rispose. Mi sembrava strano vedere un uomo su questo versante dell’Etna che non era il suo. “Sto aspettando mio nipote. Lei lo sa se passano di qui?” Non seppi rispondergli con certezza ma credevo di si. Seppi poi che il nipote stava correndo la 60 km e che più tardi l’avrebbe vinta. Mi hanno riferito del suo pianto all’arrivo e grazie ai social ho visto  l’abbraccio forte, sincero, speciale tra nonno e nipote e la gioia di quest’uomo che da tempo aspettava questa vittoria.

E allora, anche per questo, grazie a tutti voi che con un nome o un altro vi spendete senza risparmiarvi per farci divertire gioire, allenare, conoscere, godere la natura e crescere ogni volta con una esperienza in più!

 

 

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