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Nel cuore di un grande atleta e uomo. Intervista a Vito Massimo Catania
Chi è Vito Massimo Catania? A lui sono stati dedicati migliaia di articoli sportivi che raccontano i suoi successi podistici. Di lui conosciamo e riconosciamo il suo grande cuore e bontà, il suo senso di altruismo, il rispetto per chiunque incontra sul suo cammino. Evidente è la riconoscenza, l’affetto e la stima che riceve in cambio dagli atleti, dagli amici, dai seguaci.
Riteniamo che scrivere l’ennesima “biografia” a lui dedicata sarebbe superflua e ripetitiva. Per scrupolo e dovere d’informazione, ricordiamo che Vito Massimo Catania è un atleta tesserato con l’Atletica Regalbuto, paese in cui vive. La pagina FIDAL a lui dedicata custodisce tantissimi, ma non tutti, i risultati, le esperienze, le gare a cui ha preso parte durante la sua carriera podistica.
Oggi Vito ha 36 anni. Quest’anno ha spento la decima candelina su una torta a più strati dedicata al podismo. Ogni strato rappresenta e racconta una disciplina, dal trail alle ultra maratone, dalla pista alle corse su strada; gli ingredienti sono gli stessi che lo rendono l’uomo che è anche nella vita.
Vito ha lo sport nel DNA; lo sport è una componente della sua vita, è un mezzo per potersi esprimere e poter comunicare ciò che gli sta più a cuore: Dio e il prossimo. La sua fede in Dio è la sua forza e attraverso essa vive ogni giorno e percorre (e corre) il suo cammino, la sua strada.
In questa intervista, che ci ha gentilmente rilasciato in esclusiva, abbiamo cercato di raccogliere alcuni punti del suo pensiero e modo di vivere. Lo ringraziamo per la gentilezza e disponibilità.
A voi, lettori, lasciamo, silenziosamente, le vostre considerazioni, riflessioni e conferme.
Ciao Vito, sei tra gli atleti più stimati e apprezzati nel territorio siciliano e nazionale, sia per le tue doti sportive che umane. Allo stesso tempo sei stato anche soggetto a pettegolezzi, accuse e offese di varia natura e genere. Vuoi dire qualcosa?
Non è nella mia natura giudicare le azioni altrui, non è mio compito; quello spetta a Dio. Credo però che la gente prima di parlare o criticare dovrebbe conoscere realmente e profondamente la persona per essere in grado di compiere quest’azione. Ognuno di noi cammina con le proprie scarpe. Ogni vita, anche se simile, non è mai uguale a quella di un altro essere umano. Cambiano le emozioni, il modo di agire e reagire ai fatti; cambiano i pensieri, anche lo stile di vita e gli impegni giornalieri, lavorativi, familiari e privati, sono differenti ed influiscono. Prima di “puntare il dito” verso qualcuno ne bisognerebbe conoscere la vita e il percorso, le sofferenze. Prima di parlare si dovrebbe essere capaci di indossare e camminare con le “scarpe” di chi si sta parlando. Io non mi reputo in una posizione tale da poter parlare di altri, criticarli e soprattutto giudicarli. Chi sono io per farlo? L’unico, a mio parere, che ci può giudicare è Dio ed è a Lui che spetta questo compito.
Perché la gente mi apprezza? Non so rispondere. Forse dovresti porgere la domanda a loro. Io posso solo dire che in questi lunghi dieci anni, dedicati al podismo, sono sempre stato la stessa persona. Ho sempre messo davanti l’onestà, l’umiltà, l’altruismo, così come faccio giornalmente nella mia quotidianità. Non ho mai pensato a me. Forse è questo che ha fatto si che gli altri mi apprezzino. Non ho nulla in più degli altri: metto il cuore nelle mie azioni,
“Testa, gambe, cuore” e aggiungo Fede. Questi sono gli elementi che contraddistinguono la tua corsa e la tua vita. Vuoi parlarne?
Devi impostarle in ordine diverso. Prima la Fede, poi le gambe, la testa e il cuore. Nel senso che quando esco da casa, quando corro, porto sempre Dio con me, lasciando a volte la testa a casa così si riposa dai troppi pensieri. Tutto ciò che si fa, tutto ciò che faccio, lo faccio prima di tutto con Fede, perché la Fede ci accompagna nel quotidiano e quindi, in ogni azione che si compie ci deve essere Fede. Una vita senza Dio o Fede non sarebbe vita. Non oso immaginare una vita senza Fede. Mi domando: … una vita senza Fede che vita è? La mia vita senza Fede sarebbe vuota, buia, non avrebbe senso. Io vivo per l’amore che ho per Dio.
Cosa vuol dire per te “correre”? … e andare a gareggiare?
Parlo dello sport in generale. Ho sempre praticato sport, dalla corsa, alla palestra, canoa… Fare sport significa “staccare la spina” dalla quotidianità per cercare un po’ di pace e svago. Andare a gareggiare, sempre in generale, significa, a prescindere dalla competitività che ovviamente fa parte del mio essere atleta in percentuali piccolissime, andare ad incontrare persone a cui voglio bene. Lo sport mi ha fatto incontrare e conoscere persone speciali che mi stanno accompagnando e guidando nel mio cammino.
Gareggi da 10 anni. Qual è stata la manifestazione che più di altre ti ha coinvolto emotivamente e atleticamente? Perché?
È stato il Campionato Italiano di Mondello di 50 km nel 2007, ma anche la mia prima 100 km del Passatore. Entrambe le manifestazioni sono legate al ricordo di mio padre e alla forza che lui da lassù mi ha dato per completarla, insieme a quella di Dio.
Hai corso con tanti atleti noti a livello nazionale. Chi manca? Chi vorresti conoscere, incontrare e correre?
Dennis Curzi perché in lui rivivo e rivedo molto della mia vita personale. Lo stimo e lo prendo di esempio, anche se lo conosco soprattutto come atleta. Con lui ho parlato poco ma con quel poco si è comunque creato un legame e mi rispecchio in lui.
C’è una gara, un percorso, una manifestazione alla quale vorresti partecipare ma alla quale ancora non hai mai preso parte?
La maratona di New York. Ho ricevuto tanti inviti per prenderne parte ma ho sempre declinato l’invito. Spero un giorno di andarci, ma quando accadrà sarà rispettando la mia volontà. Ci andrò grazie alle mie possibilità e sacrifici personali. Per me sarà una conquista.
In molte gare sei stato sottoposto a controlli antidoping uscendone sempre pulito. Cosa pensi del doping e cosa vorresti dire a chi si dopa?
Il doping è un “ritocco” per migliorarsi e senza la quale non puoi raggiungere tali risultati. Pensa a chi usa la chirurgia estetica per migliorarsi esteriormente o a un motorino truccato per andare più veloce. Io non sono nessuno per giudicare la loro azione, come già ti ho detto in precedenza. Saranno loro a pagarne le conseguenze ma è un brutto esempio per chi sta percorrendo questa strada, soprattutto per i giovani che, prendono esempio proprio da noi, nell’avviarsi alla disciplina. Ognuno di noi ha un proprio motore e propri limiti; se ami lo sport bisogna giocare pulito e rispettare se stessi e gli altri. Quando torni a casa, con un trofeo in mano, bisogna sentirsi ed essere orgogliosi di quanto raggiunto, perché è il frutto di sacrifici, di sudore, di impegno.
Perché secondo te ci sono atleti, anche a livello amatoriale, che usano questi “stratagemmi” durante le competizioni?
Hanno voglia di primeggiare e sentirsi superiori. Usano queste sostanze perché li fa sentire più forti. Non sopportano l’idea di essere inferiori ad un altro, senza capire che nel mondo amatoriale siamo tutti uguali e che non cambia nulla se arrivi prima o dopo.
All’inizio della tua “carriera” podistica non eri tra i favoriti ma nel tempo sei riuscito a importi. Ricordi quei tempi? Cosa conservi tra i ricordi e cosa invece decidi di portare sempre con te per non dimenticare?
I miei esordi sono tra i ricordi più belli che ho del podismo. Mi reputo fortunato perché conoscono tutto il mondo amatoriale. Ho provato e condiviso le emozioni a tutti i livelli: sono stato tra gli ultimi e, piano piano, crescendo e impegnandomi, mi ritrovo ad essere tra i primi alla linea di partenza. Mi sento fortunato, ricordo tutte le gare, dalla prima all’ultima.
Quando ho iniziato a correre, avevo paura di Matteo Giammona. Lo vedevo come un “dio”, irraggiungibile. Era tra i più forti di quel tempo. Mi emoziono ancora quando ricordo il primo allenamento insieme a lui e la possibilità di conoscerlo meglio. L’idea che avevo di lui di atleta e persona “irraggiungibile” socialmente e sportivamente era cambiata: oggi lo stimo più di ieri e siamo amici.
La corsa, inoltre, nel tempo, ed in generale lo sport, mi ha dato la possibilità, nel corso degli anni, di conoscere tante persone e amici a me cari.
Quest’anno hai scoperto il mondo del triathlon. Quali emozioni hai provato? Quali pensieri e ricordi hai portato a casa?
Felicità, gioia. Ho realizzato un sogno. Ho avuto il privilegio di conoscere ragazzi in gamba, come Gabriele Grimaldi, Antonino Limoli e il mio presidente, Fabio Pruiti, che mi ha permesso di vivere questa esperienza e nuove emozioni sportive, superando anche quelli che credevo fossero dei miei limiti.
Gareggi su tutte le distanze, dalle gare veloci alle ultramaratone. Cosa li differenzia una dall’altra a livello emotivo e agonistico?
Amo le lunghe, ultra distanze, mi danno pace e serenità. Ogni gara ha il suo percorso, il suo fascino. Le emozioni sulla distanza di 1500 mt sono differenti dalle ultra distanze. Ho provato anche la pista, anche se preferisco altro. Ma non è importante. Amo tanto la corsa e lo sport per ciò che è e rappresenta. Non sono interessato alla posizione in classifica, al premio, ad altro. La gara è come una mamma che ti lascia libero di giocare e sfogarti ma che poi ti riporta a casa in ordine, rispettando l’altro.
Come sta andando quest’anno podistico? Cosa si potrebbe migliorare? Ti senti di proporre qualche cambiamento?
Non cambierei nulla. L’unica cosa che proporrei in questo periodo è di spostare le gare nel messinese perché, a causa dei problemi stradali che tutti conosciamo sul territorio siciliano, primo tra tutti la PA-CT, è davvero complicato raggiungere alcune zone, luogo della gara. Il messinese è una zona che per la posizione permette, a mio parere, di essere raggiunta senza troppe difficoltà (tempo, soldi, nottate, trasferte che obbligano a levatacce, a rientri serali o addirittura a pernottamenti fuori casa) …so che è difficile! Altra cosa che eliminerei sono le premiazioni. Mi piacerebbe che le organizzazioni utilizzassero i soldi messi da parte per la premiazione per donarli in beneficienza a qualche famiglia locale che ha bisogno. La situazione sociale ed economica degli italiani in generale, e dei siciliani in particolare, non è facile. Ci sono tante famiglie e persone in difficoltà. Sarebbe una gioia e una grande gratificazione e ricompensa per il nostro cuore donare gioia a loro attraverso un’azione che dona a noi gioia e pace: la corsa.
Ultima domanda. Un messaggio, un pensiero, per i lettori di Siciliarunning
Tante volte vengo definito con un termine che non mi piace tanto: campione. I veri campioni, per me, sono altri. Sono quelle persone che affrontano giornalmente i loro problemi; sono quei genitori che con enormi sacrifici cercano di regalare un futuro migliore ai figli; sono quelle persone che durante il giorno nonostante siano impegnati trovano il tempo da dedicare a chi non è fortunato come noi.
Tutti abbiamo bisogno d’affetto e a volte anche solo un minuto, un messaggio o una parola, può cambiare la giornata e l’umore di qualcuno che in quel momento soffre.
Inoltre bisogna rispettare e vivere lo sport senza mancare di rispetto e con la pace nel cuore; non bisogna litigare o contrastarsi. Dovremmo impegnarci a vivere ogni momento come un dono, un giorno di festa e serenità. Lo sport, la gara è un giorno di festa, di svago, di amore e non di litigio, di divertimento e positività e non di aggressività! Nessuno è campione o più forte di altri. I campioni veri sono altri.
Articolo, intervista, immagine di copertina: Giovanna Barone