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Berlino 2012: una maratona tutta da scrivere

Riflessioni, intuizioni, pensieri…paure ma anche speranze…c’è tutto questo e altro ancora nell'interessante articolo scritto da Silvana Cantone, podista e amica, che siciliarunning.it ospita con piacere per la prima volta (l’augurio è che sia la “prima” di tante). Silvana, racconta la sua preparazione in vista della Maratona di Berlino (30 settembre prossimo)…e di una strada divenuta sempre più difficile da percorrere…verso una meta agognata e sognata, una "sfida prima ancora della sfida" che finisce con il coinvolgerla più mentalmente che fisicamente e che Silvana porta avanti malgrado tutto e malgrado tutti,  perché prima di essere una podista è una donna con le sue emozioni, emozioni che riversa tutte d’un fiato in queste righe tra le quali ritroviano le nostre paure ma anche i nostri sogni, le nostre speranze…buona lettura.

 

“Quando sono felice esco…” Così rispondeva Luigi Tenco a chi gli chiedeva perché scriveva solo cose tristi. In effetti non si scrive quasi mai quando si è felici. Si ricorre alla penna come ad una terapia quando il mondo non ci sorride come vorremmo, quando ciò che ci circonda perde attrattiva e bellezza. Scrivere allora può diventare una forma di resistenza e di lotta. Quando il mare minaccia tempesta è inutile aspettare che passi l’onda, di rado ci lascia incolumi, il più delle volte ci travolge. La riva non è mai una facile conquista, occorre impegno, forza, coraggio  e più di ogni altra cosa la voglia vera di raggiungerla. La maggior parte di noi quando la riva si presenta come un luogo impervio decide per il porto sicuro, al riparo dai venti e dalle mareggiate. Ma che cos’è poi un porto? Un luogo da cui partire o a cui approdare? Non ho una risposta, come potrei? Ho l’impressione di essere sempre in viaggio, ormai troppo distante per porti sicuri e priva di giuste direzioni per approdi definitivi. Nessun disegno provvidenziale, ma solo un caso cieco sceglie se fare di noi un popolo di tranquilli abitanti della terra  o di naviganti eternamente in viaggio.  E così, nell’ attesa di avere risposte che non arriveranno mai, riprendo a mettere giù parole, non per trovare formule magiche, né tantomeno spiegazioni, ma, come afferma il sommo poeta, “per isfogar la mente” (“Vita Nova”), una sorta di scarico, come quello necessario al podista dopo un allenamento particolarmente duro e sfiancante. Doveva essere la maratona dei miei sogni, né piccoli, né grandi, semplicemente i miei. C’erano le premesse, quelle giuste. Niente a che fare con i miei muscoli, con le mie gambe, con i miei presunti margini di miglioramento. Di solito la vera forza non si trova nella materia, ma nello spirito.  Nello sport come nella vita il viaggio è nella testa. Il corpo da solo non va da nessuna parte, tutt’al più può giungere   là dove è possibile a tutti. Le mete più ardite e preziose si conseguono con qualcosa che sfugge a definizioni precise ed univoche e che si può chiamare mente, pensiero, cuore, anima.   E’ ciò che fa la differenza e che ti convince di potere abbattere limiti oggettivi e ostacoli da sempre ritenuti insuperabili. Allenamenti, integratori, diete alimentari non sono sufficienti , bisogna possedere motivazioni forti, determinazione, caparbietà. Soprattutto bisogna stare bene con se stessi  riuscendo a ritagliarsi la dose di entusiasmo  necessaria per affrontare giorni a volte troppo uguali. La mia preparazione è cominciata presto, avevo voglia di correre e un obiettivo da raggiungere. Avrei sopportato a malincuore ripetute, medi, lavori in pista, allenamenti per me stressanti e innaturali, ma che sapevo necessari e imprescindibili. E così si comincia, a dispetto di un’estate eccezionalmente afosa e soffocante. Ma avevo allora una musica nella testa. Le gambe soffrivano, ma ubbidivano alla fatica e non cedevano a tentazioni pericolose. Come è mia consuetudine ho corso quasi sempre da sola, quasi mai, però, in solitudine, in compagnia di un sole caldo che illuminava immagini e pensieri.   Ma si sa, l’azzurro non è per sempre. Così cominci a soffrire il caldo, il fiato diventa sempre più  corto, le salite più ripide e le discese incapaci del benchè minimo recupero. Il piacere di correre un po’ alla volta cede il posto  al dovere di farlo, prevale la tabella da rispettare ad ogni costo e l’entusiasmo iniziale è soltanto un vecchio ricordo. Le energie fisiche non sono più riserve sicure a cui attingere, ma solo scorte in esaurimento. Anche io, come i miei amici podisti, attribuisco alle alte temperatura la causa di allenamenti poco soddisfacenti ed estenuanti. Semplici alibi e pure poco convincenti ed efficaci. Intanto la tabella è lì, inflessibile e impetuosa. Ne ho diverse copie sparse per casa,  impossibile sfuggirle. Mi impone lavori duri a cui non sono abituata e in più con 40 gradi all’ombra.  Avverto che qualcosa si è incrinato dentro.  All’entusiasmo e alla determinazione vanno lentamente, ma, inesorabilmente , sostituendosi sconforto e arrendevolezza . Continuo ad eseguire le consegne essendo già altrove.   Tempi sempre più stretti e settimane che incalzano a ritmi che sembrano insolitamente più veloci non solo rendono dubbioso il raggiungimento della meta prefissata, fanno di più e di peggio. Cancellano il sogno e tutto ciò che la sua realizzazione avrebbe comportato. Sanciscono il fallimento più grande che non è mai il mancato conseguimento di un risultato, bensì la rinuncia, la resa incondizionata, il non averci provato fino in fondo. Intuisco che non è solo una questione di tempo, c’è molto di più. A questo punto che fare? Mollare proprio tutto? Mi è già arrivata la lettera di conferma, ho memorizzato il numero  del mio pettorale e in un video ho visto la porta di Brandeburgo da cui passano i maratoneti poco prima  di tagliare il traguardo. È un attimo. Ho deciso.   Voglio indossare il mio pettorale e confondermi con i desideri e le aspettative  di oltre 40000 uomini e donne che come me, seppure ad andature diverse, hanno scelto attraverso una passione di vivere un sogno, forse il loro giorno migliore che niente e nessuno potrà mai portar via o distruggere. I regali più belli non dobbiamo aspettarceli, dobbiamo procurarceli da soli. Correrò la mia quarta maratona ancora una volta parlando tutte le lingue del mondo, cercando di capire e di farmi capire attraverso un linguaggio fatto soprattutto  di gesti, di sorrisi e di emozioni condivise.  Sarà una maratona dimentica di tabelle di marcia , di andature, di oculate strategie di gara, al massimo ogni tanto una veloce, almeno quella, sbirciatina al mio cronometro che, come sempre, dimenticherò di stoppare all’arrivo.  L’obiettivo sarà arrivare fino alla fine spostando possibilmente un po’ più in là i miei limiti da cui ripartire per nuove sfide di cui il solito e più temibile avversario da battere rimango sempre io. I risultati cronometrici è giusto lasciarli a chi possiede strumenti e risorse  adeguati. Per un buon tempo occorre un buon edificio con fondamenta profonde e pareti solide. Io a Berlino porterò solo un insieme confuso di mattoncini con gli angoli spezzati, tenuti insieme da qualcosa da costruire e da inventare giorno per giorno , non ultimo il sostegno e l’affetto degli amici di sempre, in particolar modo di quelli che rimangono nonostante lunghe assenze e distanze ormai superate, di quelli che hanno saputo resistere alla tempesta non fuggendola, ma attraversandola con me. Ciò che conta è che ancora una volta non correrò da sola , forse non ci sarà la musica di un tempo, ma porterò dentro di me le presenze veramente importanti, quelle che non ci sono  più e quelle che ci saranno per sempre. Se al collo avrò la mia bella medaglia di finisher   non porterò a casa solo il bel ricordo di una maratona fra tante, sarà una fotografia dai forti contrasti ,sarà una lezione da imparare, sarà una valigia meno pesante per nuovi viaggi da cui tornare.                        

Silvana Cantone                                                                  

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1 thought on “Berlino 2012: una maratona tutta da scrivere”

  1. Grande Prof.
    Per me sei come Francoise Sagan, ma la citazione è di un'altra grande francese Marguerite Yourcenar.
    "Lo strano impulso dell'artista consiste nel sovrapporre ai brulicanti aspetti del mondo reale una folla di figurazioni nate dal suo spirito, dal suo occhio e dalle sue mani."
    GRANDE!!!!!

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